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L'adesione alla 37^ contro la mafia Bagheria – Casteldaccia è stato l'unico punto all'ordine del giorno del consiglio comunale aperto che si è svolto ieri, 10 febbraio, per organizzare la storica marcia promossa dal Centro Studi Pio La Torre.

Al consiglio comunale aperto oltre al presidente Michele Sciortino e a tutti i consiglieri comunali e all'amministrazione comunale rappresentata dal sindaco Filippo Maria Tripoli e del vicesindaco Daniele Vella, erano presenti la presidente della Caritas cittadina Mimma Cinà, Padre Lo Bue, Biagio Sciortino rispettivamente presidente e direttore della Casa dei Giovani, padre Francesco Michele Stabile, il presidente del Centro Studio Pio La Torre, Vito Lo Monaco, Giuseppe Antoci presidente del Parco dei Nebrodi e attuale presidente onorario della Fondazione Caponnetto, la deputato della Camera Vittoria Casa, la presidente del consiglio comunale di Casteldaccia Maria Pia Di Salvo, Maria Grazia Pipitone dirigente scolastica e referente della rete di scuole Bab el gherib, la sindacalista Concetta Balistreri, l'ex consigliere comunale Gino Castronovo. Il presidente in apertura di seduta ha sottolineato come «la decisione consiglio comunale aperto ha voluto rappresentare un momento di riflessione sul tema della legalità e della lotta e il contrasto a tutte le mafie e alla criminalità organizzata». E in effetti la seduta è servita anche a fare memoria, a ricordare gli anni delle stragi, e ad ascoltare chi a quella prima marcia contro la mafia, 37 anni, fa era presente come padre Lo Bue che ha raccontato diversi episodi di quell'anno. Il presidente Antoci, ricordando l'attività del giudice Caponetto ha sottolineato quanto sia importante l'attività di formazione e di testimonianza che si porta avanti con le scuole. «La marcia» - ha detto Antoci - «non è solo simbolo di un cammino, è il segnale di una strada affollata di tante persone perbene con una rinnovata volontà di lotta alla mafia». Creare cittadini attivi nelle scuole è il tema sottolineato anche dall'onorevole Vittoria Casa che ha ricordato anche le pagine di giornali che negli anni '80 erano piene dei fatti di sangue del triangolo della morte. Tanti gli interventi che si sono susseguiti per spiegare perché è importante ricordare: da chi ha puntato a sottolineare il ruolo delle Istituzioni come la presidente Mimma Cinà, a chi ha ricordato che dove non c'è libertà non c'è legalità come ha detto Biagio Sciortino della Casa dei Giovani e presidente nazionale del Coordinamento nazionale dei Coordinamenti regionali degli Enti accreditati per le dipendenze (Intercear) che ha anche introdotto la testimonianza di due ragazzi, Danilo e Carlo, che sono stati tossicodipendenti e che hanno raccontato il loro percorso verso la libertà e la legalità. Ha sottolineato i rapporti tra mafia e politica, padre Francesco Michele Stabile che pieno di speranza ha sottolineato la presenza di tanti giovani e donne nell'organizzazione della marcia e ha ricordato quando durante alcune omelie la Chiesa ha invitato i politici a non andare ai funerali dei mafiosi: “La mafia si qualificava perché aveva agganci politici” - ha detto. Ricorda come sia stata una manifestazione di popolo la marcia antimafia Bagheria Casteldaccia e come sia importante far fronte comune contro la mafia, non far restare soli coloro che combattono contro la criminalità organizzata Concetta Balistreri. Diverse le associazioni che hanno preso parte al consiglio comunale aperto, come l'associazione Libera, un'assemblea che ha acceso anche i riflettori sul problema della droga che è crescente a Bagheria e che si lega a stretto giro, con la criminalità mafiosa. Per l'amministrazione ha preso la parola l'assessore alla Legalità Daniele Vella: «abbiamo imparato l'importanza di fare rete, oggi in questa aula era presente tutto lo Stato dai cittadini, alle Chiese, alle Scuole, alle Istituzioni, al Parlamento: Davanti a questi temi non c'è colore politico» - dice Vella che ha ricordato le azioni dell'amministrazione comunale per essere solidali con gli imprenditori e commercianti che denunciano le estorsioni e la costituzione di parte civile in diversi processi di mafia. A concludere l'assemblea dedicata alla marcia antimafia il presidente del Centro Studi Pio la Torre, Vito Lo Monaco: «Ricordiamo il 26 febbraio 1983 non soltanto come memoria della prima marcia popolare antimafia Bagheria - Casteldaccia ma anche per consegnare ai giovani il testimone della lotta, in nome della Costituzione, della libertà e della giustizia sociale» ha detto Lo Monaco che invita tutti i cittadini a partecipare alla 37^ edizione della storica marcia antimafia Bagheria – Casteldaccia del 1983 che si terrà il prossimo 26 febbraio.

Infine che il consiglio comunale ha sottoscritto una risoluzione con invito al Sindaco di adottare un regolamento per la costituzione di un Osservatorio permanente della trasparenza e partecipazione popolare letta dal consigliere comunale Pina Provino. Anche il sindaco Tripoli, a conclusione, ha preso la parola per ringraziare tutti i presenti e per proporre la sua riflessione: «Noi dobbiamo lavorare in sinergia con Forze dell'Ordine e Magistratura, possiamo contribuire a sconfiggere la mafia, con atti ordinari di legalità, atti della quotidianità che da ordinari si trasformano in straordinari, perseguendo la legalità con ogni provvedimento amministrativo».  Il sindaco ha poi chiesto a tutti gli organizzatori della marcia di lanciare lo slogan che accompagnerà il cammino Droga=Mafia. La registrazione integrale del consiglio comunale è disponibile sul sito web comunale.



Attivarsi con impegno costante per una forte sensibilizzazione sociale e culturale contro la tratta che apra percorsi di speranza. E’ stato questo il tema della veglia di preghiera per le vittime di tratta, che si è svolto ieri a Palermo in memoria di santa Bakita, in occasione della 6a Giornata internazionale di preghiera e riflessione contro la tratta di persone. L'evento è stato organizzato dall'Usmi Sicilia in collaborazione con la Caritas, il Coordinamento antitratta, Le Rose Bianche, il Segretariato attività ecumeniche (SAE) e la parrocchia di Sant'Antonino.

La serata ha avuto inizio con una fiaccolata, partita da piazza Sant’Antonino che si è poi conclusa in Cattedrale, dove si è svolto il momento di riflessione. L'invito rivolto all'assemblea è quello di un impegno comunitario e personale per conoscere la realtà della tratta di persone a livello globale e locale; pregare per le vittime della tratta perché termini questa schiavitù; chiedere una legislazione locale e nazionale che protegga le vittime, aiuti i sopravvissuti e persegua i trafficanti.

I diversi momenti di riflessione  sono stati accompagnati dagli intermezzi musicali del coro gospel multietnico Nightingales Singer Ensemble. All'altare sono stati portati con la loro forte connotazione simbolica un mappamondo e delle catene. Due giovani hanno percorso il corridoio centrale della chiesa con dei cartelloni: avevano due maschere bianche e i cartelli con le scritte “cliente” e “merce”.

"La tratta è una piaga che colpisce indistintamente tutti ma soprattutto i più poveri e coloro che in vario modo possono definirsi 'ultimi' - ha detto la giornalista paolina suor Fernanda Di Monte, tra le organizzatrici della veglia - e 'scartati' della nostra società. Coloro che vivono ai margini e i più deboli come le donne e i bambini sono le vittime privilegiate di ingiustizie e soprusi".

La serata si è articolata con il racconto di tre storie di disperazione, di povertà ma anche di coraggio. La prima è la storia di una donna dell'Uganda che per motivi economici  fu truffata da un'agenzia che le offrì di lavorare in Medio Oriente in condizioni di “schiavismo” vero e proprio. "Credevo di avere avuto una grande opportunità e invece mi ritrovai - si legge nel racconto di Jessie - in un contesto di schiavitù domestica. Lavoravo senza sosta e non ricevevo né cibo né compenso". Per fortuna la ragazza riuscì a fuggire e per lei fu l'inizio di una nuova vita.

La seconda storia proviene dalla Thailandia. "Ho 40 anni e ho vissuto in una baraccopoli in Thailandia -. Non ho potuto studiare perché i miei genitori erano poveri, non avevo documenti ed ero e sono tutt'ora affetto da schizofrenia. Mi guadagnavo da vivere con la vendita dei rifiuti - si legge nel racconto di Somchai -. Quando mi fu proposta l'occasione di imbarcarmi in un peschereccio, ho accettato ma purtroppo mi ritrovai in una situazione peggiore di prima: mangiavo poco e non riposavo mai. Anche il pagamento promesso non arrivò mai. Dopo alcuni mesi sono stato abbandonato in un'isola dell'Indonesia". Il giovane è riuscito a fuggire e con l'aiuto di due organizzazioni ecclesiali riuscì a riconquistare la libertà e tornare in Thailandia dove oggi riesce a vivere

L'ultima storia proviene dall'Italia ed è di una giovane nigeriana. "Dopo la morte di mio padre, avevo deciso di lasciare la Nigeria perché volevo aiutare mia madre e i miei fratelli. Arrivata in Italia con la promessa di un lavoro mi ritrovai in strada - si legge ancora nel racconto di Maryam - sotto le direttive di una madame che mi sottoponeva a violenze fisiche e psicologiche. Pensavo che una volta saldato il debito mi sarei liberata dall'incubo. Loro chiedevano sempre più soldi. Sola e senza documenti finii in carcere pur essendo innocente". La ragazza dopo il carcere è stata accolta in una comunità per ottenere gli arresti domiciliari. In questi anni è riuscita a trasformare la sua vita e ad aiutare molte giovani che erano cadute come lei in mano dei trafficanti. Oggi è mamma, ha una famiglia e lavora come educatrice  nella comunità".

"Ciascun volto può essere incontrato, accarezzato, ascoltato. Insieme è possibile spezzare le catene della schiavitù - dice il pastore valdese Peter Ciaccio -. In questo modo, le storie di vita possono diventare storie di rinascita, speranza e dignità".

"La cosa principale da fare è quella di fare emergere in tutto il suo spessore questo dramma - sottolinea l'arcivescovo Corrado Lorefice -. Occorre quindi dare voce ad una realtà che rischia di non essere colta. Spesso, infatti, ci si lascia risucchiare dall'ordinarietà ma bisogna diventare moltiplicatori del bene nella nostra quotidianità avendo cura di chi è più ferito e fragile. Ci conforta il fatto che sta crescendo sempre di più la forte sensibilità di alcuni gruppi che, la sera e la notte, si spendono con grande senso di responsabilità e coraggio per manifestare a queste ragazze una prossimità senza lasciarle sole ed abbandonate da tutti. Dobbiamo, però, continuare a  fare cultura nello stesso tempo per dire che la tratta è profondamente disumana. Occorre che tutte le comunità nazionali ed internazionali possano impegnarsi per accogliere, proteggere e fare recuperare la dignità a queste persone. Penso a noi che ci affacciamo sul Mediterraneo e a quante di queste persone vengono illuse, quando arrivano in Italia, ritrovandosi poi preda di una schiavitù senza scrupoli mentre cercavano, invece, la libertà".



La città di Bagheria mette in campo tutte le sue forze migliori per prevenire e sensibilizzare sul fenomeno della droga ormai dilagante a Bagheria e negli altri paesi del distretto socio sanitario 39, che comprende i comuni di Altavilla Milicia, Santa Flavia, Casteldaccia e Ficarazzi. Il Progetto denominato “Non è Roba per te”, promosso dall’amministrazione comunale con il coordinamento dell’assessorato alle Politiche Sociali e Giovanili, guidato da Emanuele Tornatore è stato presentato ieri mattina a villa San Cataldo. In campo per collaborare al progetto “Non è roba per te” pensato per contrastare la diffusione ed il consumo della droga nel territorio di Bagheria le istituzioni e le agenzie educative del territorio come la Caritas cittadina, le parrocchie, le scuole e la Consulta giovanile, ma anche nazionali come l’Intercear. “IL fenomeno è davvero preoccupante – ha dichiarato il sindaco Filippo Tripoli – si tratta di una grande emergenza che vogliamo affrontare con la collaborazione fattiva di tutti, a partire dalle istituzioni e delle maggiori agenzie educative presenti sul territorio. Come amministrazione comunale vogliamo gridare il nostro no alla droga e alla mafia che si arricchisce a danno dei nostri giovani. Qualcuno ci ha definito “sbirri” e noi siamo orgogliosi di essere chiamati così”. Il sindaco Tripoli nell’occasione ha annunciato che organizzerà a Bagheria un forum internazionale perché il problema in città è molto grave e intende debellarlo. Inoltre il Comune si costituirà parte civile contro chi alimenta il fenomeno della droga in città. A tal proposito è stata approvata un’apposita deliberazione di Giunta. Tra i centri dove circola droga, Villa Butera che l’amministrazione comunale sta riqualificando con un intervento di pulizia e di bonifica del sito dove sarà garantita la sorveglianza. A dare tono all’iniziativa la presenza del prefetto di Palermo, Antonella De Miro. L’alto funzionario dello Stato si è complimentata con il sindaco che aveva condiviso con lei il progetto volto alla realizzazione di iniziative volte alla prevenzione e al contrasto della droga già qualche settimana addietro. “Plaudo all’iniziativa del Comune che si fa interprete dei bisogni della collettività e promuove tale progetto – ha detto Antonella De Miro – sarà importante soprattutto la prevenzione tra i ragazzi e i giovani delle scuole”. Tra i partecipanti alla presentazione dell’iniziativa, don Salvatore Lo Bue, fondatore della Casa dei giovani la comunità terapeutica per il recupero dei tossicodipendenti il quale ha riferito dell’assunzione di droghe da parte di minori di 13 anni e in un caso addirittura di 10, mettendo in guardia dall’uso delle cosiddette droghe leggere. “Debbo rilevare che purtroppo la politica fino ad ora ha avuto paura ad intervenire in questo ambito – ha tenuto a chiarire il presidente nazionale dell’Intercear, Biagio Sciortino – perché forse non aveva la percezione del pericolo che corrono i nostri giovani e le famiglie. Ritengo che attraverso l’informazione e la prevenzione si debba intervenire sulla fragilità di tante persone, soltanto così si può essere efficaci”. (Nella foto un momento dell’incontro di ieri e villa San Cataldo)


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