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Caso Scieri, anche a Bagheria una mamma si batte da 16 anni per sapere la verità sul morte del figli



BAGHERIA - A distanza di 19 anni sembra emergere l’amara verità sulle reticenze di un presunto suicidio del militare siracusano Emanuele Scieri che fu ucciso all’interno di una caserma di Pisa. Anche a Bagheria una mamma coraggio si batte da 16 anni per sapere la verità sul morte del figlio Domenico Maurizio Amoroso, deceduto mentre era in servizio presso la caserma dell’Esercito Italiano a Orgiano e rubricato come suicidio. “Ufficiosamente conosciamo tutti la verità – dichiara la mamma del militare Laura Mancino Amoroso – ma per il buon nome dell'Esercito Italiano, nulla e nessuno si deve permettere d’infangare la dignità di chi, con onore lo serve e ci lascia la pelle in circostanze, a volte offuscate dall’interesse di qualcuno, che prima o dopo dovrà rendere conto sia al prossimo, sia alla propria coscienza”. Laura Mancino per comprendere ancora meglio le vicende giudiziarie si è iscritta a Giurisprudenza e non ha mai perso la speranza. “Purtroppo questa è l’Italia – aggiunge – la nipote Melissa Gargano – mia nonna non si è mai data pace e per tutto questo ha lottato con tutta se stessa per far emergere la verità perché chi doveva indagare se ne è lavato tutti le mani. Ma noi non ci arrendiamo, sappiamo dentro il cuor nostro che la verità viene sempre a galla e mio zio di certo se la merita”. Domenico Maurizio Amoroso è morto in caserma con un colpo di fucile il 26 aprile del 2002 all’interno del posto di osservazione ed allarme del deposito di munizioni dell’Esercito Italiano a Orgiano e rubricato come suicidio. La vicenda che si protrae da oltre 16 anni è approdata sulle reti nazionali. “Insieme sul due”, la trasmissione di Rai 2 di Michele Guardì e Rai 1 con “Sabato e domenica” che ha ospitato in studio la mamma Laura Mancino che ha rivelato alcuni particolari inediti della vicenda che ha assunto i contorni del giallo. “Ci sono diversi punti oscuri su questa storia – ha raccontato in diretta Laura Mancino – innanzitutto non si spiega come mai il mitra da dove sono partiti i colpi mortali per mio figlio era posto sulla rastrelliera nel posto di osservazione dove è accaduta la tragedia, invece di essere sul pavimento e perché il luogo non è stato posto subito sotto sequestro dall’autorità giudiziaria e invece è stato tinteggiato immediatamente. Inoltre, sono spariti dalle tasche di mio figlio 200 euro che aveva nel portafoglio e che gli avevo spedito io, nonché il telefonino che è stato ritrovato a distanza di un anno in un villino a Piacenza a centinaia di chilometri dall’accaduto, ovvero a Orgiano in provincia di Vicenza dove quel giorno era in missione”. In pratica dall’intervista la mamma ipotizza che Domenico Maurizio Amoroso sarebbe stato fatto oggetto di episodi di nonnismo, anche perché già in precedenza lo stesso le aveva confidato alla famiglia altri avvenimenti simili, come il furto di un altro telefonino. Lo stesso avvocato della famiglia Amoroso, Vincenzo Lopes è sicuro che il caso non può essere archiviato come suicidio in quanto sono troppi i punti oscuri della vicenda che farebbero presagire a tutt’altro. “Potrebbe essere stata una ragazzata, ma non trascurerei che il ragazzo è morto in una base Nato – dice l’avvocato Vincenzo Lopes – e non è da escludere l’ipotesi più sorprendente che cioè in quanto esperto di Personal computer abbia scoperto qualcosa di compromettente a livello informatico”. L’ipotesi di questa sua passione per l’informatica e per la lingua inglese è avvalorata dal fatto che Domenico Maurizio Amoroso quando era a Bagheria segnalava al Commissariato i casi di pedofilia che scopriva sul web. “Sono certo – conclude il legale – ma lo ero già quando ho accettato questo incarico, che il ragazzo non si è ucciso anche perché aveva in tasca due biglietti per recarsi insieme alla fidanzata negli Stati Uniti.

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