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L’Arcivescovo Corrado Lorefice:“Guardiamo gli uomini segnati dalla sofferenza”


“In questo Natale il mio pensiero va innanzitutto, al Signore perché se non partiamo da Lui anche la comunità cristiana pensa distante da ciò che invece la connota. Se noi pensiamo come Chiesa il nostro essere nel mondo, a partire dall’incarnazione di Gesù, allora è chiaro che questo ci porta a guardare gli uomini, con gli occhi di Dio, lì dove c’è fragilità e una esigenza di pienezza di umanità”.

Sono le parole dell’Arcivescovo, mons. Corrado Lorefice, alla vigilia del suo quarto Natale del Signore alla guida dell’Arcidiocesi di Palermo.

“Se siamo uomini portiamo dentro il desiderio di una felicità, ma la convivenza umana ci porta alla sofferenza, a mancare delle cose essenziali, alla divisione e alla durezza della convivenza. E allora a partire da Gesù la prossimità, e soprattutto la Parola evangelica che ci fa pensare tra come uomini che creano un fermento di bene, solidarietà e di pace e allora guardiamo agli uomini e in modo particolare a quelli segnati dalla sofferenza come li guarda Gesù nel coinvolgimento, nell’abbassamento, nella cura e nell’attenzione. Il messaggio che arriva a Natale è un Dio che si incarna e chiede una Chiesa che continua a riconoscere Gesù nella carne degli uomini e soprattutto se segnata dalla sofferenza ed è questo l’augurio per la mia Chiesa e per ogni uomo perché possiamo insieme sempre di più costruire una convivenza umana nel segno della solidarietà, di parole belle, costruttive nella condivisione, perché abbiamo questa via, quella che ha segnato il Figlio di Dio venuto sulla terra, la via dell’altro, della prossimità per accorciare le distanze”.

E in occasione del Santo Natale l’Arcivescovo ha invitato a leggere nelle Comunità parrocchiali il giorno di Natale e per tutto il tempo natalizio la seguente preghiera:


SIGNORE, RENDICI CAPACI DI PREPARARE IL VERO PRESEPE


Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia (Lc 2,16).

Signore Gesù, Figlio di Dio, tu hai assunto la nostra stessa umanità nell’umile casa dello sperduto villaggio di Betlemme in Palestina, regione periferica dell’impero romano.  Ti sei dovuto accontentare di nascere non in un palazzo fastoso bensì in un alloggio di fortuna, in una precaria baracca adibita a stalla, senza torrioni e ponti levatoi, accessibile a tutti, dove anche gli umili e i poveri hanno avuto modo di incontrarti e di adorarti con il Nome santo di Dio-con-noi (Emmanuel) e Salvatore (Yeshùa).  Nessuno ha provato imbarazzo, nessuno è stato respinto, a tutti è stato dato di prendere parte alla gioia messianica annunciata dall’angelo e che tu hai portato facendoti Bambino. Tutti ti hanno potuto visitare, i più poveri tra i poveri - i pastori - e i Sapienti venuti dall’Oriente.  Tu sei stato il primo profugo dell’era cristiana avendo vissuto il dramma della fuga e dell’esilio a motivo della sopraffazione del potente di turno di quella regione. Aiutaci a vivere il tuo Natale riconoscendo ogni piccolo, ogni donna e ogni uomo che chiede accoglienza. E se anche quest’anno abbiamo preparato un presepe nelle nostre case, nelle nostre chiese e nelle nostre comunità è per custodire un cuore di carne, umano, duttile, che appiana le strade, riempie le trincee e abbatte i muri per accogliere tutti, a maggior ragione, il povero, l’orfano, la vedova e il profugo: i prediletti di Dio. Sì, quanti incrociamo nelle nostre strade che chiedono pane, lavoro e casa, affetto e calore umano, o quanti approdano sulle nostre spiagge e nei nostri porti per chiedere rifugio e asilo.  Che non ci accada di rimanere in silenzio dinnanzi ai “dis-umani” decreti - tanto meno ad approvarli! -  che aggravano la sofferenza di quanti sono già vessati dalla povertà e dalla guerra, vere cause del fenomeno migratorio che l’idolatria del capitale e lo strapotere dei manager mondiali della finanza continua a generare dalle regioni e dai continenti periferici della terra.  Rendici capaci di preparare il vero presepe che ci fa fare memoria del tuo Natale; facci osare di aprire le nostre comunità, le nostre famiglie, le nostre canoniche, le strutture edificate dai santi palermitani testimoni della Carità, all’accoglienza dei poveri e di quanti saranno sottoposti, per decreto, alle intemperie, ai rischi e alle strumentalizzazioni della strada, privi di alloggio e di calore umano e cristiano. Fa’ che in tanti nelle nostre comunità possano donare volontariamente parte del loro tempo, con creatività e competenza, nelle diverse realtà di accoglienza, di ascolto e di aiuto presenti nelle nostre realtà ecclesiali e nel nostro territorio.  Facci essere testimoni credibili del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio nato a Betlemme dalla Vergine Maria.

Mons. Corrado Lorefice  Arcivescovo di Palermo


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